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Il caso Moro: 33 anni di misteri

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Caso Moro: trentatre anni di misteri
Il 16 marzo prossimo saranno 33 anni del rapimento e l’assassinio di Moro e la sua scorta. Trentatre anni che hanno segnato la vita del nostro Paese, nel bene e nel male! Trentatre anni in cui troppo spesso l’antipolitica ha vinto sulla politica. Trentatre anni che hanno segnato la fine di un’epoca: quella della Democrazia Cristiana! E con essa sono spariti il PSI, il PLI, il PSDI e il PRI. Trentatre anni ! Eppure sembra ieri!


Quella che segue non vuole essere una ricostruzione storica – troppo vicini sono i fatti che ci interessano – ma una ricerca di verità che oggi ancora non si conosce. E mi pongo delle domande che so rimarranno senza risposta. Mi rivolgo soprattutto ai più giovani che di quel fatto poco conoscono perché da sempre poco se ne parla. È come se questa nazione volesse rimuovere dalla memoria un pezzo di storia. E a volte mi domando come sarebbero andate le cose se il “progetto Moro” fosse andato a buon fine, ovvero se si fosse attuato il “compromesso storico”!

Il progetto si arenò e da quel fatale giorno prende vita un governo di “Unità Nazionale”, ovvero un monocolore DC cui il PCI da un appoggio esterno. Sarà un’esperienza che durerà lo spazio di un attimo e si tornerà alla contrapposizione DC – PCI.

Alla fine degli anni ‘80 – esattamente nel periodo che va dal 1987 al 1992 – ci sarà un nuovo tentativo di varare una alleanza col PCI. I nuovi teorici siamo Maurizio Giraldi – una mente lucida e creativa – ed il sottoscritto. Nascono i Centri Studi chiamati “Unità Popolare” che attecchiscono in tutta Italia. Aderiscono personalità della DC molto in vista: Andreotti su tutti, ma anche D’Onofrio, Luigi Baruffi, Don Giussani con tutta “Comunione e Liberazione”, Formigoni,Lima, Ombretta Fumagalli Carulli, Gaspari, Bisaglia, i Gava, Vito, Forlani, e i “pontieri” di Zamberletti. Il progetto è chiamato “Il Governissimo” e riprende il discorso avviato da Moro.

Nel 1990, a Roma, presso l’hotel Ergife, si tiene una grande riunione per sancire la nascita di questa maxi alleanza cui partecipano tutte le personalità interessate ma…Ma tutto finisce con Mario Chiesa, Presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano che viene beccato con 7 milioni delle vecchie lire, una tangente che aveva incassato…il ciclone Di Pietro mette fine ad una stagione politica. E con la fine della DC muoiono le speranze di Giraldi e mie di vedere realizzato il nostro progetto. Maurizio Giraldi morirà nel 1992: dializzato, era in attesa di un trapianto di rene che non fece in tempo a fare.

E veniamo a quel tragico giorno.

Il 16 marzo 1978, il Presidente della DC (Democrazia Cristiana), On. Aldo Moro, venne sequestrato a Roma – in via Fani – dalle Brigate Rosse e gli uomini della sua scorta assassinati.

Quel 16 marzo, per la politica italiana – e per lo stesso Aldo Moro – è un giorno importante: alla Camera si vota la fiducia al Governo Andreotti che presenta una grossa novità: l’ingresso del PCI al Governo! Artefice di quello che viene definito “il compromesso storico” è proprio l’On. Aldo Moro! La sua teoria era molto semplice: per arginare la crescita di consenso del PCI, bisogna che abbia responsabilità di Governo, perché l’elettorato è portato a scaricare ogni colpa su chi governa e mai su chi fa opposizione!

Per tutta la durata di quel sequestro (55 giorni) i media e l’opinione pubblica italiana, europea e mondiale seguirono col fiato sospeso quel tragico fatto. Con vari ultimatum, pena la vita dello statista, le BR chiedono un riconoscimento politico del loro movimento e la liberazione dei brigatisti sotto processo a Torino. PCI-DC sono per la “fermezza”, “rifiutare ogni compromesso”, il PSI è invece per la trattativa. Passano giorni di lacerazioni politiche. Vennero mobilitati politici di ogni Paese, lo stesso Papa Paolo VI, addirittura Cosa Nostra: invano. Il 9 maggio, dopo 55 giorni di prigionia, lo statista venne ucciso dalle BR. Il suo corpo sarà trovato nel bagagliaio di una Renault R 4 rossa, posta emblematicamente a metà strada tra Piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure.

Ai funerali di Stato sono presenti tutti i partiti, ma è assente la famiglia, che non perdona alla classe politica la linea della “fermezza”, escludendo ogni possibilità di trattativa.

Ma nonostante gli anni trascorsi, i “misteri” del “Caso Moro” restano senza risposte. Per i più giovani cerco di riassumere i “lati oscuri” della vicenda, fatti di “stranezze” e “coincidenze”. Vediamoli:

1. I fatti si svolgono in via Fani 109 e un signore, tale Gherardo Nucci, dal terrazzo di casa vede ciò che accade e scatta una serie di foto – 12 per l’esattezza – che consegna alla Magistratura. Ma, come troppo spesso succede, quelle foto spariscono! Chi o cosa aveva immortalato con un click il signor Nucci? C’era qualcuno che lì non doveva essere? Di certo non ha fotografato persone conosciute – a parte Moro – ma forse c’era qualcuno che negli ambienti che contano – forse, e dico forse – era conosciuto. Resta il fatto che le foto sono sparite.

2. Poco distante da via Fani, c’è via Bitossi. Lì abitava il Magistrato Walter Celentano ed una macchina della polizia stazionava perennemente sotto la sua abitazione. Ma guarda caso, quella mattina, pochi minuti prima dell’assalto al Presidente della Democrazia Cristiana, un falso allarme fa muovere la pattuglia sotto casa del Magistrato Celentano. La pattuglia si assenta pochi minuti, proprio quelli durante i quali le BR portano il micidiale assalto a Moro e alla sua scorta.

3. Proprio in via Bitossi le BR lasciano la loro auto rubata e salgono su un furgone che lì era parcheggiato! E non ditemi che è questione di culo!


4. Nell’agenda di Morucci – posta sotto sequestro il giorno del suo arresto – fu trovato il numero di telefono dell’allora Vice Commissario Antonio Esposito – affiliato alla P2 di Gelli e – moh guarda te – capo pattuglia quel giorno – 16 marzo 1978 – dell’auto che sostava in via Bitossi.

5. Per portare a termine il rapimento Moro, sono state usate solo due auto, o meglio, un auto ed un furgone. Considerate che quando le stesse BR rapirono il rampollo dei Gancia (quello degli spumanti) il giovane Vallorino, le auto usate furono tre. Quasi a dimostrare che c’era una pianificazione – o complicità? – metodica e precisa.


6. I terroristi che hanno agito in Via Fani erano 12 mentre per rapire il Giudice Sossi – che non aveva manco la scorta – ne furono impiegati 18! Erano solo più “bravi” o c’erano complicità esterne?

7. Quel furgone che fine ha fatto? Fu abbandonato in una piazza romana – stando alle confessioni rese dagli indagati – ma non è stato mai trovato chi lo ha fatto sparire?


8. Compiuta la strage e rapito l’On. Moro, durante la fuga, un black-out telefonico interessa la zona che da via Fani porta a via Stresa, guarda caso proprio la zona dove transita il furgone con l’esponente DC rapito. I telefoni muti della zona fanno si che nessuno possa telefonare per dare notizie di un furgone che potrebbe avere a bordo Moro.

9. Moro si spostava sempre con 5 borse da lavoro, anzi diciamo 4, la quinta era adibita a piccola farmacia visti i problemi di salute che aveva. Bene, di quelle borse due sono sparite e tre sono state ritrovate sulla scena del crimine. Ora la cosa strana è questa: perché proprio quelle due borse? E siamo certi che le presero i brigatisti? O, piuttosto, non furono prese da qualcuno che sapeva che lì ci sarebbe stato l’attentato? E che forse forse le foto scattate dal signor Nucci riguardavano questo particolare?


10. Quando furono smantellati i covi delle BR, delle borse di Moro non fu trovata traccia: mistero! Ma qualcuno, molto vicino allo statista pugliese, dice che in quelle due borse c’erano le prove che l’accusa mossa a Moro di avere preso fondi illeciti con lo scandalo Lockhed, era infondata e che era stata tutta una macchinazione dell’allora Segretario di Stato americano Harry Kissinger. Il quale Kissinger – stando a questa versione dei fatti – voleva incastrare Moro perché colpevole di sdoganare il PCI.

11. Il Colonnello Guglielmi, facente parte del SISMI (Servizi Segreti) quella mattina era stranamente in via Stresa, circa 300 metri da via Fani 109 dove si consumò la tragedia. La presenza è singolare: che ci faceva lì? La giustificazione di Gugliemi fu che doveva andare a pranzo a casa di amici! Alle 9.00 di mattina!! E dichiarò di non aver sentito nulla! Eh si che ci fu una sparatoria degna dell’OK Corral!


12. Sapete chi era il diretto superiore di Guglielmi? Il Generale Musumeci. E sapete su quale lista si trovava il nome del Generale? Quella della P2!! Che, come s’è già detto, accoglieva anche il nome del capo scorta del Magistrato Celentano. Scorta che si allontanò poco prima della strage.


13. E non è strano che il Colonnello Guglielmi appartenesse a Gladio? Gladio…P2….Bah….

14. Nel 1991, un ex agente del SISMI – tale Ravasio – dichiarò che i servizi segreti avevano un infiltrato nelle BR e che questi avvertì del rapimento Moro! Vero? Non vero? Resta un fatto: un agente del SISMI quella mattina si trovava nei pressi di via Fani!


15. Tra i partecipanti all’assalto c’era un tale che i testimoni hanno definito un “Tex Willer”. Vediamo il perché. Dei circa 100 colpi esplosi dai brigatisti, 50 colpi sono stati sparati da “Tex”! Colpi di estrema precisione se è vero – come è vero – che il killer uccise con estrema sicurezza i due carabinieri che fecero da scudo a Moro, senza esitazioni e senza timore di colpire l’uomo politico. Tra i testimoni c’era un certo Lalli, esperto di armi, che dichiarò che “Tex” era sicuramente un grosso esperto di quell’arma ed un tiratore eccezionale. Quando il commando fu arrestato nessuno dei brigatisti catturati e sottoposti a vari test balistici, era riconducibile a “Tex”! Chi era costui?

16. La ricostruzione dei fatti dimostrò che una capacità come quella dimostrata da “Tex” era specifica dei militari o degli agenti dei servizi segreti anche civili. Non solo, al processo la Faranda dichiarò che facevano pochissimi esercizi di tiro con pistole e fucili.


17. Un altro mistero perché il commando brigatista indossava le divise dell’Alitalia? Non è logica una cosa del genere perché danneggia chi agisce in quanto riconoscibili dai testimoni. A meno che non sia intervenuta una componente esterna alle BR, che quindi non conosceva “de visu” e c’era necessità di capire chi fossero i i brigatisti e chi gli uomini della scorta Moro. Questa tesi darebbe valore a chi sostiene che “Tex” era un esterno e che doveva capire chiaramente a chi doveva sparare e a chi non doveva.

18. Si pensa che il killer poteva essere stato contattato all’interno delle carceri, dove tutto è possibile purtroppo. E la cosa strana è che un detenuto, certo Salvatore Senese, il 16 febbraio 1978 – esattamente un mese prima – informò il SISMI che le BR progettavano il rapimento di un grosso personaggio della DC! E cosa ha fatto il SISMI? Ah si! Mandò Guglielmi!


19. Che ruolo recitò Curcio nel rapimento Moro? Era lui il tramite tra le carceri e l’esterno? Curcio venne a contatto con esponenti della Ndrangheta calabrese e perché Morucci e Moretti hanno fatto – nel periodo precedente il rapimento – diversi viaggi in Calabria? Potrebbe venire dal mondo della Ndrangheta il “Tex” di cui s’è parlato?

20. Non è strano che subito dopo il rapimento Moro venga arrestato un boss calabrese – Aurelio Aquino – trovato in possesso di banconote segnate provenienti dal sequestro Costa, sequestro effettuato dalle BR? Perché la mafia calabrese aveva quei soldi? Ecco tornare il caso “Tex”!


21. Non trovate strano che i primi documenti emessi dalle BR dopo il rapimento siano stati scritti dal Professor Franco, docente all’Università di Cosenza? Fatti appurati dopo l’arresto del professore.

22. A “Tex” vengono associati due nomi: Antonio Nirta e Agostino de Vuono, entrambi indicati dal pentito Saverio Morabito. Perché si sono lasciate cadere le indagini su i due presunti killer?


23. Quella mattina del 16 marzo 1978, chi incontrò Gelli all’Hotel Excelsior di Roma tanto da fargli dire – alle 9.30 – “ormai il più è fatto”? Fatto raccontato durante il Processo Gelli dalla sua segretaria, signora Nara Lorenzini.

24. Moro fu davvero tenuto prigioniero in via Montalcini, 8 interno 1? Patrizio Peci, il superpentito che farà crollare il disegno delle BR dice di no. Egli dice che Moro fu tenuto in un retrobottega di un negozio poco fuori Roma. Affermazione – questa – smentita da Savasta, a sua volta arrestato nel 1982. Ora mi chiedo perché Peci – attendibile in tutte le sue altre affermazioni – non lo è in questo caso? Perché si crede a Savasta e non al numero 1 dei collaboratori di giustizia? Che pentola andava a scoperchiare Patrizio Peci?


25. Dopo l’arresto Savasta si pente e da una nuova versione; Moro era tenuto prigioniero in un appartamento in via Laurentina. Appartamento di proprietà di Anna Laura Braghetti. Però in questo caso non viene ritenuto attendibile e gli inquirenti dichiarano che l’appartamento-prigione è quello di via Montalcini, al numero 8 e all’interno 1! Perché scartare e liquidare sommariamente le altre due ipotesi?

26. Come la mettiamo col fatto che Morucci, dopo l’arresto, dichiarò che Moro fu portato in via Laurentina? E se Savasta aveva detto il vero, di chi furono le colpe della mancata indagine? Era il Magistrato Ferdinando Imposimato!! E, udite udite, dopo questi fatti è andato a lavorare su Retequattro, in un programma chiamato Forum!


27. Ma la domanda più inquietante è un’altra: perché facendo dei controlli in via Montalcini, arrivati al numero 8 e bussato all’interno 1, non ricevendo risposta, i carabinieri non hanno forzato l’ingresso? Cosa si aspettavano? Che i brigatisti dicessero “accomodatevi abbiamo noi l’On. Moro”! E allora delle due una: o sapevano che lì non c’era nessuno o sapevano che c’era qualcuno! Se non c’era nessuno allora ha ragione Savasta; se c’era qualcuno allora vuol dire che le complicità con le BR venivano dall’alto.

28. Nell’aprile 1978, Moro era stato rapito ed era prigioniero delle BR, accadono due fatti “strani”. Viene casualmente scoperto un rifugio brigatista in via Gradoli e – contemporaneamente – viene trovato un falso comunicato delle BR, quello che porta il n° 7. Curiosa è la circostanza della scoperta: qualcuno lasciò aperta la doccia rivolta verso il muro tanto che l’acqua filtrò nell’appartamento vicino e chi l’abitava chiamò i il 113 visto che bussava ma non otteneva risposta. I poliziotti del 113 aprirono di forza il portone e perquisendo l’appartamento si resero conto che l’abitava qualcuno delle BR (si seppe in seguito che lì soleva dormire Mario Moretti, capo delle BR). Ora ditemi: vi sembra credibile che un capo dello spessore di Moretti lasci la doccia aperta? E se lo ha fatto di proposito è perché voleva “bruciare” quel rifugio! Se così è, perché “bruciarlo”?
Anche Prodi, seppure in maniera comica, entra nella faccenda Moro. Stava nella sua casa di campagna – nel bolognese – insieme ai suoi parenti ed alcuni amici con le rispettive famiglie quando qualcuno (chi?) decide di fare una seduta spiritica evocando gli spiriti di La Pira e don Sturzo. Stando a quanto raccontò poi l’On. Prodi, gli spiriti evocati fecero tre nomi (Viterbo,Gradoli, Roma). Che ne sapeva Prodi di Gradoli? E se non ne sapeva nulla, nello stesso momento in cui ne parlò con gli inquirenti, perché gli stessi non indagarono subito su via Gradoli anziché andare a controllare il paese di Gradoli? Alle stesse obiezioni mosse dalla signora Moro, Eleonora, risposero che “Via Gradoli” non era riportata sullo stradario! (sic). Ma la signora Moro, al processo, dichiarò che appena ebbe quella “ridicola risposta” guardò il Tuttocittà trovando via Gradoli!


29. Un’altra ipotesi che si fa circa quel rifugio, è che esso sia stato segnalato dall’infiltrato nelle BR. Però manco questo mi torna: se davvero l’infiltrato segnalò quel rifugio, perché non segnalarlo quando lì a dormire c’era Moretti? Molto probabilmente non esisteva nessun infiltrato. O – se esisteva – era ormai omologato al “sistema!”.

30. I rapitori sentono la necessità di “allentare” la morsa che li opprime ed ecco inventarsi il famoso comunicato n° 7 dove si dice che Moro è stato gettato in fondo al Lago della Duchessa. Tutti al lago a trovare…nulla! Ma ormai quello che doveva sparire (da via Gradoli) era sparito! Cosa? Forse sempre la documentazione che provava le responsabilità di Kissinger nelle false prove contro Moro, accusato di avere preso soldi dalla Loockhed.


31. Ma se chi indagava sapeva dell’esistenza di via Gradoli, perché nessuno ha fatto nulla per trarne un vantaggio?

32. C’è un altro mistero che riguarda l’appartamento di via Gradoli: il giorno stesso del rapimento Moro – 16 marzo 1978 – la polizia fece dei controlli in via Gradoli ma anche in questo caso – bussando – nessuno risponde e gli agenti se ne vanno! Ora a me sembra più un “avvertimento” che una perquisizione. Come a dire: vi stiamo alle costole, provvedete! La giustificazione della Polizia fu che erano controlli di routine e non si poteva forzare una serratura perché non ce ne erano gli estremi! Capito? Quante coincidenze quel giorno! I controlli di routine interessano un covo BR, il colonnello Guglielmi per caso si trova lì nei paraggi, la scorta del Magistrato Celentano si assenta per un falso allarme, il black out dell’allora SIP riguarda proprio la zona del sequestro, il furgone – miracolosamente – sparisce….ma non prendeteci per il culo…

33. Anche Prodi, seppure in maniera comica, entra nella faccenda Moro. Stava nella sua casa di campagna – nel bolognese - insieme ai suoi parenti ed alcuni amici con le rispettive famiglie quando qualcuno (chi?) decide di fare una seduta spiritica evocando gli spiriti di La Pira e don Sturzo. Stando a quanto raccontò poi l’On. Prodi, gli spiriti evocati fecero tre nomi (Viterbo,Gradoli, Roma). Che ne sapeva Prodi di Gradoli? E se non ne sapeva nulla, nello stesso momento in cui ne parlò con gli inquirenti, perché gli stessi non indagarono subito su via Gradoli anziché andare a controllare il paese di Gradoli? Alle stesse obiezioni mosse dalla signora Moro, Eleonora, risposero che “Via Gradoli” non era riportata sullo stradario! (sic). Ma la signora Moro, al processo, dichiarò che appena ebbe quella “ridicola risposta” guardò il Tuttocittà trovando via Gradoli!

34. Il giorno dopo Giovanni Moro, figlio di Aldo Moro, parla con Cossiga il quale gli conferma che via Gradoli non esisteva! Cossiga smentirà il colloquio, ma i dubbi restano.

35. Perché Andreotti se ne esce con una dichiarazione dove afferma che “via Gradoli” non esce dalla seduta spiritica ma dalla autonomia bolognese che si dimostrò ben informata?

36. Perché il Presidente della Commissione Parlamentare, Senatore Pellegrino (PCI) avalla le dichiarazioni di Andreotti? In qualità di Presidente di quella Commissione doveva convocare la signora Moro, il figlio Giovanni, il Senatore Cossiga, l’On. Prodi e mettere tutti a confronto. Invece nulla di tutto questo! Pilato docet!

37. Anche le BR sono divise: c’è chi considera un errore uccidere Moro e chi, al contrario, lo ritiene necessario. Vince la linea dura.

38. Che rapporti c’erano tra le BR e la banda della Magliana? Ovvero, perché per il falso comunicato (il n° 7) le BR si avvalsero di Tony Chichiarelli, falsario della Magliana? E perché in seguito lo stesso Chichiarelli fu ucciso? A chi aveva fatto lo sgarbo? O doveva solo morire perché aveva falsificato cose che no doveva sapere?

39. Perché dopo la Ndragheta calabrese si affaccia anche la Camorra partenopea? E lo fa in grande stile con quello che al tempo era il capo indiscusso: don Rafè! Raffaele Cutolo.

40. Perché lo Stato ha trattato in modo così diverso i vari brigatisti catturati? Mario Moretti, capo delle BR e pluriomicida s’è fatto meno di 20 anni di galera, così anche la Balzerani, mentre Franceschini – che mai ha sparato un colpo – si è fatto poco meno di trenta anni. Per non parlare poi di Curcio che fu condannato all’ergastolo.

41. Va fatta una considerazione: le BR furono il braccio armato che operò, ma chi armò quel braccio? Quali poteri? Quella parte della DC che non voleva l’accordo col PCI? O il PCI che, morto Moro avrebbe trovata un’onda emotiva favorevole? O la Massoneria che da Garibaldi in poi ha sempre inciso sulla vita politica italiana? O la Confindustria che vedeva come fumo negli occhi un accordo col PCI? O la malavita organizzata che tutto aveva da perdere da un Governo forte? O gli USA che non potevano permettere due cose:
a) un accordo col PCI;
b) che venisse sputtanato Kissinger.

O lo stesso KGB che temeva di perdere l’influenza sul PCI? O magari i socialisti che si vedevano scavalcati a sinistra? E sostenendo la trattativa mascheravano il loro disagio. O forse i nostri servizi segreti che non potevano accettare un governo col PCI? O addirittura la stessa Gladio? O tutte queste cose insieme? Chi ci darà risposte? Due cose sono certe:

a) che le BR non agirono di propria iniziativa;
b) che nessuno – e ripeto NESSUNO – amava Moro!

C’è anche possibilità che a volere la testa di Moro possa essere stato lo stesso Vaticano, e i motivi sono ovvi! Di certo non sono stato io!

42. Perché la malavita organizzata, che tutto aveva da perdere da un lungo sequestro, all’inizio operò in aiuto allo Stato e poi prese una posizione diversa? Chi intervenne? È chiaro che la malavita aveva tutto l’interesse che Moro venisse trovato presto così le forze dell’ordine allentavano la presa sulla città. Ed è dimostrato che all’inizio ci fu una sorta di “collaborazione” fra istituzioni ed anti istituzioni, poi vanificata.

43. Perché gli investitori stranieri sono intervenuti in modo massiccio sulla borsa di Milano solo dopo che fu appurata la morte di Moro? Vediamoli questi interventi di capitale:

Montedison + 102 percento;
SNIA + 60,8 percento;
Acqua Marcia + 70.8 percento;
Rinascente + 95,2 percento;
FIAT + 40,5 percento.

Una vera dimostrazione di fiducia nel nostro capitalismo proprio nel momento in cui entra in crisi il Governo di Unità nazionale ridando fiato alle forze più a destra. Coincidenza? Difficile crederlo!

I misteri sono tanti! Le risposte – come cantava Bob Dylan, sono nel vento.


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